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      In verità niente mi irrita piú del «velleitarismo» che soppianta la volontà concreta; mi irrita nelle persone che mi sono indifferenti sentimentalmente e che giudico «inutili»; mi addolora nelle persone che non mi sono indifferenti e che non voglio e non posso giudicare utilitariamente, ma che vorrei stimolare e risvegliare. Ho conosciuto, specialmente all'Università, parecchi tipi di velleitari e ne ho seguito il processo tragicomico di esistenza: si può dire che ho dei modelli nella memoria, ben profilati e delineati, che mi fanno stizzire quando si ripresentano all'attenzione per qualche concatenazione di ricordi, sí, mi fanno stizzire ancora; ed ecco perché quando nelle tue manifestazioni psicologiche colgo un motivo che richiama un tratto di quei modelli esemplari, mi agito stizzosamente e divento persino cattivo con te. Ma credi che è il mio affetto che mi sollecita a rimproverarti proprio come un bambino, perché c'è veramente del puerile in questi stati d'animo. Bisogna, secondo me, essere sempre molto pratici e concreti, non sognare a occhi aperti, porsi dei fini discreti, raggiungibili e pensarli con tutte le condizioni che solo li fanno realizzare; bisogna quindi avere una perfetta coscienza dei propri limiti, se pur si vuole allargarli e approfondirli. Tutto ciò mi pare cosí ovvio e banale che quasi mi pare di farti un predicozzo da parroco di villaggio. E poi non bisogna mai avere troppo zelo; tu sei troppo zelante con me e mi pare che ottenga l'effetto precisamente opposto di quello che vorresti.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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