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      Le esemplificazioni che dovrei dare di queste mie affermazioni, hanno un contenuto che mi appare adesso cosí ingenuo che a stento riesco io stesso a rappresentarmi le condizioni in cui mi trovavo quando sentivo e operavo cosí ingenuamente; perciò non mi sento in grado di scriverne di proposito. Del resto servirebbe a poco. Mi pare sia piú importante stabilire ora tra noi rapporti normali, ottenere che tu non abbia a sentire dei freni inibitori nello scrivermi, che non abbia a sentire quasi repugnanza ad apparire diversa da quella che immagini io creda tu sia. Ti ho detto che io sono persuaso tu sia molto piú forte di quanto tu stessa creda: anche la tua ultima lettera mi conferma in questa persuasione. Pur nello stato di depressione in cui ti trovi, di grave squilibrio psicofisico, hai conservato una grande forza di volontà, un grande controllo di te stessa, e allora ciò significa che lo squilibrio psicofisico è molto meno grande di quanto potrebbe apparire e si limita, in realtà, a un aggravamento relativo di condizioni che nella tua personalità credo siano permanenti o almeno io le ho notate come permanenti in quanto collegate con un ambiente sociale che permanentemente domanda una tensione di volontà estremamente forte. Mi pare insomma che presentemente tu sia ossessionata dal sentimento delle tue responsabilità, che ti fa apparire le tue forze inadeguate ai doveri che vuoi compiere, ti disvia la volontà e ti esaurisce fisicamente, ponendo tutta la tua vita attiva in un circolo vizioso in cui realmente (se pure parzialmente) le forze bruciano senza risultato, perché disordinatamente applicate.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803