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      - 2. È strano che l'ermeneutica dantesca, pur cosí minuziosa e bizantina non abbia mai notato che Cavalcante è il vero punito tra gli epicurei delle arche infuocate, dico il punito con punizione immediata e personale e che a tale punizione Farinata partecipa strettamente, ma anche in questo caso «avendo il cielo in gran dispitto». La legge del contrappasso in Cavalcante e in Farinata è questa: per avere voluto vedere nel futuro essi (teoricamente) sono privati della conoscenza delle cose terrene per un tempo determinato, cioè essi vivono in un cono d'ombra dal centro del quale vedono nel passato oltre un certo limite e vedono nel futuro oltre un altrettanto limite. Quando Dante si avvicina a loro, la posizione di Cavalcante e di Farinata è questa: essi vedono nel passato Guido vivo, ma lo vedono morto nel futuro. Ma nel momento dato Guido è morto o vivo? Si capisce la differenza tra Cavalcante e Farinata. Farinata sentendo parlar fiorentino ridiventa l'uomo di parte, l'eroe ghibellino; Cavalcante invece non pensa che a Guido e al sentir parlare fiorentino si solleva per sapere se Guido è vivo o morto in quel momento (essi possono essere informati dai nuovi giunti). Il dramma diretto di Cavalcante è rapidissimo, ma di una intensità indicibile. Egli subito domanda di Guido e spera che egli sia con Dante, ma quando da parte del poeta, non informato esattamente della pena, sente «ebbe», il verbo al passato, dopo un grido straziante «supin ricadde e piú non parve fuora». - 3. Nella prima parte dell'episodio il «disdegno di Guido» divenne il centro delle ricerche di tutti i fabbricanti di ipotesi e di contributi, cosí nella seconda p


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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