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      D'altronde non voglio non scriverti questa settimana e perciò ti mando la lettera cosí com'è. Voglio chiarire però un piccolo fatto. Pare che tu sia convinta che nel 28-29 io abbia avuto chissà quali mali e te li abbia nascosti. La crisi la ho avuta verso i giorni di Natale del 28 e proprio il giorno di Natale e ancora per altre due volte in seguito ho avuto il colloquio con te. Non sono stato a letto. Ho avuto uno strascico di debolezza per cui al passeggio preferivo star seduto e camminare solo 15-20 minuti perché mi stancavo a camminare. È possibile che non ti abbia scritto questi particolari, perché non davo loro nessuna importanza o perché tu eri informata dai colloqui avuti. Naturalmente ciò capiterà anche altre volte, perché non voglio trasformare le mie lettere in bollettini medici (!) pieni di strafalcioni e di corbellerie. Quando non scrivo nulla sulla salute, vuol dire che tutto è normale nell'ambito carcerario. Certamente non studierò patologia generale o altra scienza medica. So questo: che non esistono malattie ma malati e che nel singolo malato tutti gli organi sono solidali nel caso che uno sia ammalato. Mi basta per capire che il medico deve essere una specie di artista, cioè che nell'arte sua ha molta importanza qualcosa di simile all'intuizione, oltre alla conoscenza scientifica. Ogni lettura parziale non serve quindi a nulla, se pure non diventa pericolosa come i manuali popolari sul «Medico per tutti» e le «Cure in caso di urgenza».
      Ti abbraccio teneramente


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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