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      Allora pareva che fosse affetto da una grave malattia, una forma epilettoide. Almeno avveniva che ogni volta che gli dicevo che doveva ripartire per Ghilarza, date le sue condizioni economiche e poiché io non potevo indefinitamente dargli da mangiare, si rovesciava per terra con la schiuma alla bocca in preda a convulsioni. Qualche volta mi nacque il dubbio che simulasse per indurmi a compassione, ma al dubbio contrastava l'osservazione che per simulare occorre una certa dose di intelligenza e di forza di volontà e non mi pareva che Titino avesse né l'una né l'altra. Può darsi che si sia ripreso e che si sia applicato a lavorare, perché era molto buono d'indole e allora per me si sarebbe fatto fare a pezzi: mi scortava per la strada, veniva a svegliarmi con grande puntualità e credeva cosí di fare delle grandi cose. Per il suo grande daffare io avevo sempre l'impressione che gli avrebbero rotto la testa da un momento all'altro.
      Carissima mamma, fa' in modo che mi scrivano un po' piu spesso.
      Ti abbraccio teneramente con tutti di casa.
      Antonio
     
      267.
     
      23 maggio 1932
     
      Carissima Tania,
      ho ricevuto la tua cartolina del 17 e la lettera del 19. Le notizie che ti ha dato Carlo sulle mie condizioni di salute sono poco chiare; non ho avuto attacchi gravi di acidi urici, sebbene certamente la continuazione del catarro intestinale sarà connessa a soverchia acidità. Da qualche tempo invece soffrivo d'insonnia se cosí si può dire; piú esattamente non dormo non perché non abbia sonno, ma perché il sonno è interrotto da cause esterne, e ciò mi ha prodotto una condizione di grande stanchezza ed esaurimento, che apparivano anche esteriormente se Carlo se ne è accorto.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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