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      Nello scriverti mi sfogo un po', ed è tutto qui; non devi darti troppo pensiero di queste mie geremiadi. Mi dispiace anzi quando tu credi poter dare dei consigli che poi è impossibile seguire, ma che a te sembrano plausibili e fattibili. Ciò mi fa sempre pensare che tu non hai ancora una opinione chiara di ciò che sia la vita in carcere e le sue condizioni effettive e dopo cinque anni e mezzo non è questa una vita allegra. Il tuo consiglio ancora ripetuto di prendere le minestrine, per esempio, può essere esilarante o viceversa, secondo i temperamenti. Eppure tu sai che questo è uno spunto delle caricature umoristiche sulla professione sanitaria: quante volte non si son viste vignette su medici che raccomandano a dei pezzenti una cura di montagna, con vini generosi, polli ecc. ecc. Questo spunto è sempre di una comicità irresistibile. Non sempre però la comicità è irresistibile per i pazienti. Invece la cura delle limonate è fattibile, igienica, di poco costo, non dà nessun disturbo e, bisogna dirlo, è anche efficace. Ed è di venerabile età. Conosci la novella del Boccaccio sul modo seguito dal brigante Ghino del Tacco per ottenere la guarigione dell'abate di Cluny e rendergli superflua una cura delle acque? Ecco dunque che già al tempo di Ghino del Tacco questa cura era benissimo conosciuta e a quanto pare in ogni uomo, anche in quello ridotto alla piú squallida indigenza, c'è sempre appiattato un abate di Cluny. - Mi pare che l'accenno di Giulia al tuo sentimento di «solitudine» non sia difficile da spiegare con l'insieme del brano.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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