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      Ma questa è un'altra storia. Ciò che mi interessa ora è che la figlia voleva sbarazzarsi della madre, voleva che il Municipio la inviasse a sue spese nel Manicomio provinciale e perciò la trattava in modo cosí aspro e scellerato da vedere di costringerla a commettere qualche grave eccesso per aver modo di affermarne la pericolosità. La vecchina sempre diceva alla figlia che le parlava col voi secondo il costume: «Dammi del tu, e trattami bene!» Non so veramente se l'aneddoto possa riferirsi a te; in ogni modo anch'io sono costretto a dirti di essere meno premurosa con me, perché questo è il modo migliore di mostrarmi il tuo affetto, a cui tengo molto. Insomma devi fare alla lettera solo ciò che io ti scrivo e non condirlo di intingoli di tua invenzione, che talvolta possono fare andare di traverso il boccone, non fantasticarci su, fare ipotesi incongrue ecc. Del resto sto un po' meglio e spero di andar migliorando sempre più e questa, ti pare? è la sola cosa importante in tutta la faccenda.
      Ti abbraccio teneramente.
      Antonio
     
      296.
     
      19 settembre 1932
     
      Carissima Tania,
      appena ho letto la tua cartolina del 16, sono entrato in un accesso furioso di atrabile. Nel primo momento ho pensato di non scriverti piú, poi di scriverti, incominciando - «Signorina Schucht!», poi «Signorina Tatiana!» ecc. Ma ci volevano ancora tre giorni fino a questo momento, e cosí mi sono purgato, e la bile mi è passata e mi sono finalmente messo a ridere e ho pensato che la colpa di tutto era solamente mia, e mi sono ricordato di tutte le storie scritte per dimostrare che le donne non mantengono mai la parola data e che io ero stato già scottato più di una volta e tante volte ti avevo scritto per avvertirti e rimproverarti, sempre inutilmente ecc. ecc.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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