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      Pare di sí, a giudizio del giudice istruttore del Tribunale Militare Territoriale di Milano, giudizio che, come ti consta, ha coinciso con quello di un altro che era agli antipodi. E giustamente, perché, leggendomi alcuni brani della lettera, il giudice mi fece osservare che essa poteva essere (a parte il resto) anche immediatamente catastrofica per me e tale non era solo perché non si voleva infierire, perché si preferiva lasciare correre. Si trattò di un atto scellerato, o di una leggerezza irresponsabile? È difficile dirlo. Può darsi l'uno e l'altro caso insieme; può darsi che chi scrisse fosse solo irresponsabilmente stupido e qualche altro, meno stupido, lo abbia indotto a scrivere. Ma è inutile rompersi il capo su tali quistioni. Rimane il fatto obiettivo che ha il suo significato.
      Cara Tania ti ho già detto che è incominciata una terza fase della mia vita di carcerato. La prima fase è andata dal mio arresto all'arrivo di quella lettera famigerata: fino a quel momento esistevano delle probabilità (certo solo delle probabilità, ma cosa si può domandare di piú) a una svolta della vita diversa da quella che invece poi si verificò; quelle probabilità furono distrutte e poteva ancora capitare di peggio. La seconda fase va da quel momento ai primi del novembre scorso. Esistevano ancora delle possibilità (non piú probabilità, solo possibilità, ma anche le possibilità non sono preziose e non bisogna cercare di ghermirle?) e anche esse furono perdute, ti assicuro, non per colpa mia, ma perché non si volle dare ascolto a ciò che io avevo indicato a tempo opportuno.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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