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      Carissima, ti confesso che tutte queste pratiche non mi ispirano molta fiducia, cioè che non credo si possa ottenere qualche cosa di positivo. Perché allora acconsento ad esse? È ciò che avrei voluto scriverti piú ampiamente come risposta alla tua lettera del 3, la quale, lo riconosco, è oggettivamente molto giusta per tanti aspetti. È vero; sono da qualche tempo, circa da un anno e mezzo, entrato in una fase della mia vita che, senza esagerazioni, posso definire catastrofica. Non riesco piú a reagire al male fisico e sento che le forze mi vengono sempre piú a mancare. D'altronde non voglio abbandonarmi alla corrente, cioè non voglio trascurare nulla che sia pure astrattamente possa offrire una possibilità di porre un termine a questo soffrire. Mi pare che se trascurassi qualche cosa, ciò, in un certo senso, equivarrebbe a un suicidio. Sono diventato pieno di contraddizioni, è vero, ma non fino al punto da non comprendere queste cose elementari. Non credere che esageri e non credere specialmente che le mie condizioni siano dovute a cause psichiche. Certo i riflessi psichici esistono e in qualche momento mi pare di diventar pazzo, ma le cause sono essenzialmente fisiche, perché le forze sono stremate. Ti dico questo perché capisco che ho bisogno anche della tua indulgenza: certe volte devo farti incollerire coi miei modi e le mie pretese. E te lo dico perché voglio che abbia l'impressione netta della gravità delle mie condizioni e ciò ti induca, per quanto sta in te, a non trascurare nulla di quanto abbiamo discorso durante il colloquio.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803