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      Da tutto l'insieme sento che sto attraversando la fase più critica della mia esistenza e che tale fase non può durare a lungo senza determinare, fisicamente e psichicamente, risultati e complicazioni da cui non si può tornare piú indietro perché decisive. Questo che ti scrivo è riservato per te e per l'avvocato che si occupa dei miei affari. Non vorrei che fosse riservato per Iulca, ma ti dirò: con lei non credo bastano le affermazioni formali, come quelle che finora ho fatto. Occorrerebbe trattare il merito della quistione in forma ampia e ciò non si può fare (almeno io non so farlo) per lettera. E ancora le parole non basterebbero da sole; dovrebbero essere accompagnate da fatti. Credi che ciò mi preoccupa. Ho l'impressione che Iulca un po' soffra del mio stesso male, che almeno una parte del suo malessere derivi dalle stesse cause da cui deriva il mio malessere psichico. Non so se a te sia possibile intervenire in qualche modo. Vedo la cosa molto difficile, perché conosco certe condizioni e certi precedenti che a te sfuggono necessariamente e senza la conoscenza dei quali, d'altronde, mi pare che ogni intervento debba apparire superficiale e convenzionale. Pensa che a tali cose penso da quattro o cinque anni e che pertanto le ho analizzate in ogni minimo aspetto e in tutte le combinazioni possibili. Non c'è conclusione a quanto ti ho scritto. Praticamente mi pare che la conclusione sia la solita: proseguire con fermezza nelle linee fissate, senza fare cose inutili o superflue, in modo che tutto ciò che è possibile realizzare con la nostra volontà sia realizzato esattamente; il resto, in quanto non può entrare nel conto, non deve preoccupare.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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