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      Carissima, ti abbraccio teneramenteAntonio
     
      PS. Mi hai detto, nel colloquio di domenica, che solo in questi ultimi giorni ti è stato comunicato ufficialmente a casa che dal Ministero era stata concessa la visita di un medico di fiducia. Dato che l'avvocato lo ritenga utile e che la visita sia decisa, permetti che ti dia alcuni consigli: 1° Avere il permesso scritto per il medico, in modo che non sorgano all'ultimo momento delle difficoltà burocratiche, 2° Se è nel costume e nelle abitudini, fare in modo che in questo permesso sia specificato che il medico può interrogarmi ed io posso rispondere (e parlargli) di tutte le quistioni che riteniamo necessarie del caso. Cioè il medico non deve solo venire per un consulto personale, per indicarmi un metodo di cura personale, ma essere messo in grado ufficialmente di fare dei rapporti alle autorità superiori sull'andamento generale delle cose in quanto influiscono o possono influire sulla condizione di salute dei carcerati. Questo punto mi pare fondamentale. Tu capisci che prendere una medicina e fare una cura quando continuano a sussistere le condizioni che determinano la malattia è una burletta, vuol dire spendere inutilmente i soldi. Il mio malessere dipende proprio da ciò e da ciò dipende l'inefficacia dei medicamenti. Forse è troppo tardi «formalmente» per mutare le cose o per ottenere che il mutamento delle cose determini un mutamento nelle condizioni di salute. In ogni modo, solo questo punto rende la possibile visita di un medico comprensibile e razionale.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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