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      Voglio scriverti ora una serie di pensieri che mi veniva quando ero in carcere: cercavo di rispondere alla domanda «chi mi ha condannato al carcere, cioè a fare questa determinata vita in questo determinato modo». La risposta non era facile, perché, in realtà, oltre alla forza principale che determina l'atto nel suo complesso, esistono tante altre forze che consciamente o inconsciamente partecipano alla determinazione concreta di una circostanza o di un'altra che vengono sentite talvolta con piú forza dell'atto principale. Insomma voglio dirti che la tua incertezza determina la mia incertezza e che devi essere forte e coraggiosa per darmi ogni aiuto possibile, cosí come io vorrei fare per te e purtroppo non posso. Ti abbraccioAntonio
     
      389.
     
      [16 giugno 1936]
     
      Caro Delio,
      i tuoi bigliettini diventano sempre piú corti e stereotipati. Io credo che tu abbia abbastanza tempo per scrivere più a lungo e in modo piú interessante; non c'è nessun bisogno di scrivere all'ultimo momento, in fretta in fretta, prima di andare a spasso. Ti pare? Non credo neppure che ti possa far piacere che il tuo babbo ti giudichi dai tuoi bigliettini come uno stupidello che si interessa solo della sorte del suo pappagalluccio, e faccia sapere che sta leggendo un libro qualsiasi. Io credo che una delle cose piú difficili alla tua età è quella di star seduto dinanzi a un tavolino per mettere in ordine i propri pensieri (o per pensare addirittura) e per scriverli con un certo garbo; questo è un apprentissaggio talvolta piú difficile di quello di un operaio che vuole acquistare una qualifica professionale, e deve incominciare proprio alla tua età. Ti abbraccio forte.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Delio