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      Non sono sicuro se manderò le lettere a Julik e a Delio. Oggi ha fatto molto sole e molto caldo, ma forse questo appunto mi disgusta. Manda davvero le notizie su Julik e non stranirti delle mie stranezze. Ti abbraccio.
      Antonio
     
      396.
     
      [5 novembre 1936]
     
      Carissima Giulia,
      mi scrivi che sei «sicura» che puoi parlarmi di tutto, non solo delle tue gioie ma anche dei tuoi dolori. Ma mi parli veramente di tutto? Mi pare che negli anni piú belli della nostra vita, e specialmente nel 23, abbiamo parlato spesso di queste cose: come cioè, entro un determinato cerchio di persone che si vogliono bene, ognuno finisca col credere di essere il solo capace di sopportare con forza certi dolori e li nasconda agli altri, finché si forma una specie di «commedia degli equivoci», se di commedia si può parlare. Io sono sempre stato dell'opinione che la verità abbia in sé la propria medicina e sia, in ogni caso, preferibile al silenzio prolungato che, tra l'altro, è anche offensivo e degradante, perché chi tace di un fatto che può provocare dolore, pare che sia persuaso che l'altra parte non capisca che lo stesso silenzio ha un significato non solo, ma non possa pensare che il silenzio può nascondere cose ancora piú gravi di quelle che si vogliono celare. Dunque verità, chiarezza, sincerità nei nostri rapporti.
      Quello che scrivi di Delio mi interessa, ma... Io ho sempre pensato che, nella mia condizione, sia difficile scrivere a dei ragazzi che non conosco intimamente, di cui non ho seguito lo sviluppo intellettuale e morale, di cui non sono in grado di «risentire» la sensibilità e le reazioni.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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