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      Solo per questo contatto una filosofia diventa «storica», si depura dagli elementi intellettualistici di natura individuale e si fa «vita».
      (Forse è utile «praticamente» distinguere la filosofia dal senso comune per meglio indicare il passaggio dall'uno all'altro momento: nella filosofia sono specialmente spiccati i caratteri di elaborazione individuale del pensiero, nel senso comune invece i caratteri diffusi e dispersi di un pensiero generico di una certa epoca in un certo ambiente popolare. Ma ogni filosofia tende a diventare senso comune di un ambiente anche ristretto - di tutti gli intellettuali -. Si tratta pertanto di elaborare una filosofia che avendo già una diffusione, o diffusività, perché connessa alla vita pratica e implicita in essa, diventi un rinnovato senso comune con la coerenza e il nerbo delle filosofie individuali: ciò non può avvenire se non è sempre sentita l'esigenza del contatto culturale coi «semplici»).
      Una filosofia della prassi non può che presentarsi inizialmente in atteggiamento polemico e critico, come superamento del modo di pensare precedente e del concreto pensiero esistente (o mondo culturale esistente). Quindi innanzi tutto come critica del «senso comune» (dopo essersi basata sul senso comune per dimostrare che «tutti» sono filosofi e che non si tratta di introdurre ex novo una scienza nella vita individuale di «tutti», ma di innovare e rendere «critica» un'attività già esistente) e quindi della filosofia degli intellettuali, che ha dato luogo alla storia della filosofia, e che, in quanto individuale (e si sviluppa infatti essenzialmente nell'attività di singoli individui particolarmente dotati) può considerarsi come le «punte» di progresso del senso comune, per lo meno del senso comune degli strati piú colti della società, e attraverso questi anche del senso comune popolare.


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Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce
di Antonio Gramsci
pagine 451