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      Nota I. A proposito della funzione storica svolta dalla concezione fatalistica della filosofia della praxis si potrebbe fare un elogio funebre di essa, rivendicandone la utilità per un certo periodo storico, ma appunto per ciò sostenendo la necessità di seppellirla con tutti gli onori del caso. Si potrebbe veramente paragonare la sua funzione a quella della teoria della grazia e della predestinazione per gli inizi del mondo moderno che poi ha però culminato con la filosofia classica tedesca e con la sua concezione della libertà come coscienza della necessità. Essa è stato un surrogato popolare del grido «dio lo vuole», tuttavia anche su questo piano primitivo ed elementare era un inizio di concezione piú moderna e feconda di quella contenuta nel «dio lo vuole» o nella teoria della grazia. È possibile che «formalmente» una nuova concezione si presenti in altra veste che quella rozza e incondita di una plebe? E tuttavia lo storico, con tutta la prospettiva necessaria, riesce a fissare e a capire che gli inizi di un mondo nuovo, sempre aspri e pietrosi, sono superiori al declinare di un mondo in agonia e ai canti del cigno che esso produce. Il deperimento del «fatalismo» e del «meccanicismo» indica una grande svolta storica; perciò la grande impressione fatta dallo studio riassuntivo del Mirskij. Ricordi che esso ha destato; ricordare a Firenze nel novembre 1917 la discussione con l'avv. Mario Trozzi e il primo accenno di bergsonismo, di volontarismo ecc. Si potrebbe fare un quadro semiserio di come questa concezione realmente si presentava.


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Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce
di Antonio Gramsci
pagine 451

   





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