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      Non pare: si può dire, tutt'al piú, che hanno colpito meno le immaginazioni, appunto perché precedute da un periodo di tipo simile, ma piú originale. Tutto il processo di razionalizzazione non è che un processo di «inventività», di applicazioni di nuovi ritrovati tecnici e organizzativi. Pare che l'Einaudi intenda per invenzioni solo quelle che portano all'introduzione di nuovi tipi di merci, ma anche da questo punto di vista forse l'affermazione non è esatta. In realtà però le invenzioni essenziali sono quelle che determinano una diminuzione dei costi, quindi allargano i mercati di consumo, unificano sempre piú vaste masse umane ecc.; da questo punto di vista quale periodo è stato piú «inventivo» di quello della razionalizzazione? Anche troppo inventivo, a quanto pare, fino all'«invenzione» della vendita a rate e della creazione artificiosa di nuovi bisogni nel consumo popolare. La verità è che pare quasi impossibile creare «bisogni» nuovi essenziali da soddisfare, con nuove industrie completamente originali, tali da determinare un nuovo periodo di civiltà economica corrispondente a quello dello sviluppo della grande industria. Oppure questi «bisogni» sono propri di strati della popolazione socialmente non essenziali e il cui diffondersi sarebbe morboso (cfr. l'invenzione della «seta artificiale» che soddisfa il bisogno di un lusso apparente dei ceti medio borghesi).
     
     
      Ugo Spirito e C. L'accusa all'economia politica tradizionale di essere concepita «naturalisticamente» e «deterministicamente». Accusa senza fondamento, perché gli economisti classici non si debbono essere preoccupati molto della quistione «metafisica» del determinismo e tutte le loro deduzioni e calcoli sono basati sulla premessa del «supposto che». Cos'è questo «supposto che»? Lo Jannaccone, recensendo nella «Riforma Sociale» il libro dello Spirito, definisce il «supposto che» come un «mercato determinato» e questo è giusto secondo il linguaggio degli economisti classici.


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Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce
di Antonio Gramsci
pagine 451

   





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