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      Appare evidente che mai possono mancare le cosidette condizioni soggettive quando esistano le condizioni oggettive in quanto si tratta di semplice distinzione di carattere didascalico: pertanto è nella misura delle forze soggettive e della loro intensità che può vertere discussione, e quindi nel rapporto dialettico tra le forze soggettive contrastanti. Occorre evitare che la quistione sia posta in termini «intellettualistici» e non storico-politici. Che la «chiarezza» intellettuale dei termini della lotta sia indispensabile, è pacifico, ma questa chiarezza è un valore politico in quanto diventa passione diffusa ed è la premessa di una forte volontà. Negli ultimi tempi, in molte pubblicazioni sul Risorgimento, è stato «rivelato» che esistevano personalità che vedevano chiaro ecc. (ricordare la valorizzazione dell'Ornato fatta da Piero Gobetti), ma queste «rivelazioni» si distruggono da se stesse appunto perché rivelazioni; esse dimostrano che si trattava di elucubrazioni individuali, che oggi rappresentano una forma del «senno di poi». Infatti mai si cimentarono con la realtà effettuale, mai diventarono coscienza popolare-nazionale diffusa e operante. Tra il Partito d'Azione e il Partito moderato quale rappresentò le effettive «forze soggettive» del Risorgimento? Certo il Partito moderato, e appunto perché ebbe consapevolezza del compito anche del Partito d'Azione: per questa consapevolezza la sua «soggettività» era di una qualità superiore e piú decisiva. Nell'espressione sia pure da sergente maggiore, di Vittorio Emanuele II: «Il Partito d'Azione noi l'abbiamo in tasca» c'è piú senso storico-politico che in tutto Mazzini.


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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