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      La conclusione del Principe giustifica tutto il libro anche verso le masse popolari che realmente dimenticano i mezzi impiegati per raggiungere un fine se questo fine è storicamente progressivo, cioè risolve i problemi essenziali dell'epoca e stabilisce un ordine in cui sia possibile muoversi, operare, lavorare tranquillamente. Nell'interpretare il Machiavelli si dimentica che la monarchia assoluta era in quei tempi una forma di reggimento popolare e che essa si appoggiava sui borghesi contro i nobili e anche contro il clero. (L'Oxilia accenna all'ipotesi che l'interpretazione democratica del Machiavelli nel periodo '700-800 sia stata rafforzata e resa piú ovvia dal Giorno del Parini, «satirico istitutore del giovin signore, come il Machiavelli - in altri tempi, con altre nature e misure d'uomini - sarebbe stato il tragico istitutore del principe»).
     
      [1.] Cfr. ciò che scrive l'Alfieri sul Machiavelli nel libro Del principe e delle lettere. Parlando delle «massime immorali e tiranniche» che si potrebbero ricavare «qua e là» dal Principe l'Alfieri nota: «e queste dall'autore sono messe in luce (a chi ben riflette) molto piú per disvelare ai popoli le ambizioni ed avvedute crudeltà dei principi che non certamente per insegnare ai principi a praticarle: poiché essi piú o meno sempre le adoprano, le hanno adoperate e le adopereranno, secondo il loro bisogno, ingegno e destrezza». A parte l'interpretazione democratica, la nota è giusta: ma certo il Machiavelli non voleva «solo» insegnare ai principi le «massime» che essi conoscevano e adoperavano.


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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