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      Perché l'esperienza in Romagna? Oltre alla fiducia che il papa aveva nella prudenza politica del Guicciardini, occorre forse pensare ad altri elementi: i Romagnoli erano buoni soldati, avevano combattuto con valore e fedeltà ad Agnadello, sia pure da mercenari. C'era poi stato in Romagna il precedente del Valentino, che aveva reclutato tra il popolo buoni soldati, ecc.
      Il Guicciardini fino dal 1512 aveva scritto che il dare le armi ai cittadini «non è cosa aliena da uno vivere di repubblica e populare, perché quando vi si dà una giustizia buona e ordinate leggi, quelle armi non si adoperano in pernizie, ma in utilità della patria» e aveva lodato anche l'istituzione dell'ordinanza ideata dal Machiavelli (tentativo di creare a Firenze una milizia cittadina, che preparò la resistenza durante l'assedio).
      Ma il Guicciardini non credeva possibile fare il tentativo in Romagna per le fierissime divisioni di parte che vi dominavano (interessanti i giudizi del Guicciardini sulla Romagna): i ghibellini dopo la vittoria di Pavia sono pronti ad ogni novità; anche se non si danno le armi nascerà qualche subbuglio; non si può dare le armi per opporsi agli imperiali proprio ai fautori degli imperiali. La difficoltà inoltre è accresciuta dal fatto che lo Stato è ecclesiastico, cioè senza direttive a lunga scadenza e con facili grazie e impunità, alla piú lunga ad ogni nuova elezione di papa. In altro Stato le fazioni si potrebbero domare, non nello Stato della Chiesa. Poiché Clemente VII col suo breve aveva detto che al buon risultato dell'impresa occorrevano non solo ordine e diligenza, ma anche l'impegno e l'amore del popolo, il Guicciardini dice che ciò non può essere perché «La Chiesa in effetto non ci ha amici, né quelli che desidererebbero bene vivere, né per diverse ragioni i faziosi e tristi».


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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