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      Nella «Nuova Antologia» del 16 giugno 1929 è pubblicata una piccola nota a firma G. S. (o non era forse C. S., cioè Cesare Spellanzon? Sarebbe grossa!) Benes l'immemore, abbastanza curiosa, perché si afferma che la «politica delle nazionalità» fu voluta dai nostri piú avveduti uomini politici, caldeggiata con pronto intuito dai maggiori giornali dell'interventismo, adottata spontaneamente dal governo italiano. È vero che G. S. scrive che questa politica si precisava sin d'allora «nei suoi veri termini», cioè favorevole specialmente all'Italia, ma non è neppure vero in questo senso ristretto, perché la politica delle nazionalità si «impose» solo dopo l'ottobre 1917. Ora G. S. si lamenta che Benes nei suoi Souvenirs de guerre et de révolution (Ernest Leroux, Parigi) attenui i ricordi dell'amicizia «bellica» e giunga alla conclusione che tutti i guai dell'Italia durante e dopo la guerra siano da attribuirsi alla mancanza di chiarezza e di decisione della politica di guerra del paese.
     
      In alcuni paesi la formazione delle truppe scelte d'assalto è stata catastrofica, a quanto pare: si è mandato alla distruzione la parte combattiva dell'esercito, invece di tenerla come elemento «strutturale» del morale della massa dei soldati. Secondo il generale Krasnov (nel suo famigerato romanzo) questo appunto era successo in Russia già nel 1915. Questa osservazione può valere come correttivo critico delle recenti opinioni espresse dal generale tedesco von Seeckt sulle armate specializzate di mestiere, che sarebbero buone specialmente per l'offensiva.


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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