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      «Gli operai di Torino vogliono eleggere un deputato per i contadini pugliesi. Gli operai di Torino sanno che, nelle elezioni generali del 1913, i contadini di Molfetta e di Bitonto erano, nella loro stragrande maggioranza, favorevoli al Salvemini; la pressione amministrativa del governo Giolitti e la violenza dei mazzieri e della polizia ha impedito ai contadini pugliesi di esprimersi. Gli operai di Torino non domandano impegni di sorta al Salvemini, né di partito, né di programma, né di disciplina al gruppo parlamentare; una volta eletto, il Salvemini si richiamerà ai contadini pugliesi, non agli operai di Torino, i quali faranno la propaganda elettorale secondo i loro principi e non saranno per nulla impegnati dall'attività politica del Salvemini
      Il Salvemini non volle accettare la candidatura, quantunque fosse rimasto scosso e persino commosso dalla proposta (in quel tempo non si parlava ancora di «perfidia» comunista, e i costumi erano onesti e lieti); egli propose Mussolini come candidato e si impegnò di venire a Torino a sostenere il partito socialista nella lotta elettorale. Tenne infatti due comizi grandiosi alla Camera del lavoro e in piazza Statuto, tra l'entusiasmo della massa che vedeva ed applaudiva in lui il rappresentante dei contadini meridionali oppressi e sfruttati in forme ancora piú odiose e bestiali che il proletariato settentrionale.
     
      L'indirizzo, potenzialmente contenuto in questo episodio che non ebbe sviluppi maggiori solo per la volontà del Salvemini, fu ripreso e applicato dai comunisti nel periodo del dopoguerra.


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La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117

   





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