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      Ciò che è da notarsi, per capire la virulenza che assume talvolta questo sciovinismo culturale, è questo: che in Italia una maggior fioritura scientifica, artistica, letteraria ha coinciso col periodo di decadenza politica, militare, statale (Cinquecento-Seicento). (Spiegare questo fenomeno: cultura aulica, cortigiana, cioè quando la borghesia dei Comuni [era] in decadenza, e la ricchezza da produttiva era diventata usuraria, con concentrazioni di «lusso», preludio alla completa decadenza economica).
      I concetti di rivoluzionario e di internazionalista, nel senso moderno della parola, sono correlativi al concetto preciso di Stato e di classe: scarsa comprensione dello Stato significa scarsa coscienza di classe (comprensione dello Stato esiste non solo quando lo si difende, ma anche quando lo si attacca per rovesciarlo), quindi, scarsa efficienza dei partiti, ecc. Bande zingaresche, nomadismo politico non sono fatti pericolosi e cosí non erano pericolosi il sovversivismo e l’internazionalismo italiano. Il «sovversivismo» popolare è correlativo al «sovversivismo» dall’alto, cioè al non essere mai esistito un «dominio della legge», ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale o di gruppo.
      Tutte queste osservazioni non possono essere, naturalmente, categoriche e assolute: esse servono a tentare di descrivere certi aspetti di una situazione, per valutare meglio l’attività svolta per modificarla (o la non attività, cioè la non comprensione dei propri compiti) e per dare maggior risalto ai gruppi che da questa situazione emergevano per averla capita e modificata nel loro ambito.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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