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      Si potrebbe ricostruire questo movimento intellettuale quasi con una data certa. Che la formula in sé non significhi nulla, è vero. Intanto è comoda l’espressione del «mondo» corpulento che va in qualche parte. Si tratta di una «previsione», che non è altro che un giudizio sul presente, interpretato nel modo piú facilonesco, per rafforzare un determinato programma d’azione con la suggestione degli imbecilli e dei pavidi. Ma se il compito dell’intellettuale è visto come quello di mediatore tra due estremismi e questo compito di mediazione non è affidato allo sviluppo storico stesso, cosa fa l’intellettuale se non collaborare coll’attore del dramma storico che ha meno scrupoli e meno senso di responsabilità? Questo pare sia stato l’atteggiamento del Croce. Non sarebbe stato piú onesto intellettualmente di apparire sulla scena nel vero compito di alleato «con riserve» di una delle due parti, invece che voler apparire come superiore alle miserie passionali delle parti stesse e come incarnazione della «storia»? Come si è notato altre volte, questa «parte» di arbitraria mediazione dialettica ha una lunga e sfortunata storia: Proudhon in Francia, per il quale Napoleone III non nascose le sue simpatie (il libro di Sainte-Beuve), Gioberti in Italia, che giustamente può essere assunto a simbolo del disordine intellettuale e politico del 1848, ecc.
      Su questo nesso di problemi è da vedere l’articolo di Ugo Spirito nell’«Italia Letteraria» del 13 novembre 1932 (Storicismo rivoluzionario e storicismo antistorico). È notevole il fatto che anche lo Spirito collega l’attuale polemica sullo «storicismo» con la polemica svoltasi nel secolo scorso intorno alla formula che «natura non facit saltus». Ma lo Spirito non sa andare oltre la superficie dei fatti e delle idee e se afferma, come l’Anti-Proudhon, che è necessario che i termini dialettici si volgano in tutta la loro potenza e come «estremismi» contrapposti, non sa vedere che la sua posizione stessa è una mediazione o superamento arbitrario, in quanto si basa su ciò che l’antitesi è violentemente soppressa e si pone come antitesi appunto un tentativo di mediazione tutto intellettualistico che è vivo solo nel cervello di pochi intellettuali di non grande statura.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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