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      Ancora essa è legata alla concezione della «natura umana» identica e senza sviluppo come era concepita prima di Marx per cui tutti gli uomini sono fondamentalmente uguali nel regno dello Spirito (= in questo caso allo Spirito Santo e a Dio padre di tutti gli uomini).
      Questa concezione è espressa nella citazione che Benedetto Croce fa nel capitolo A proposito del positivismo italiano (in Cultura e vita morale, p. 45) da «una vecchia dissertazione tedesca»: «Omnis enim philosophia, cum ad communem hominum cogitandi facultatem revocet, per se democratica est; ideoque ab optimatibus non iniuria sibi existimatur perniciosa». Questa «comune facoltà di pensare», diventata «natura umana», ha dato luogo a tante utopie di cui si riscontra traccia in tante scienze che partono dal concetto dell’uguaglianza perfetta fra gli uomini, ecc.
     
     
      [La «filosofia dell’epoca».] La discussione sulla forza e il consenso ha dimostrato come sia relativamente progredita in Italia la scienza politica e come nella sua trattazione, anche da parte di statisti responsabili, esista una certa franchezza di espressione. Questa discussione è la discussione della «filosofia dell’epoca», del motivo centrale della vita degli Stati nel periodo del dopoguerra. Come ricostruire l’apparato egemonico del gruppo dominante, apparato disgregatosi per le conseguenze della guerra in tutti gli Stati del mondo? Intanto perché si è disgregato? Forse perché si è sviluppata una forte volontà politica collettiva antagonistica? Se cosí fosse stato, la quistione sarebbe stata risolta a favore di tale antagonista.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
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