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      Le osservazioni del Jannaccone sono indubbiamente acute: l’Arias ne trae però delle conclusioni puramente tendenziose e in parte imbecilli. Ammessa la tesi del Jannaccone è da domandare: a che cosa è da attribuire l’eccesso di consumo? Si può provare che le masse lavoratrici abbiano aumentato il loro tenore di vita in tale proporzione da rappresentare un eccesso di consumo? Cioè il rapporto tra salari e profitti è diventato catastrofico per i profitti? Una statistica non potrebbe dimostrare questo neppure per l’America. L’Arias «trascura» un elemento «storico» di qualche importanza: non è avvenuto che nella distribuzione del reddito nazionale, attraverso specialmente il commercio e la borsa, si sia introdotta, nel dopoguerra (o sia aumentata in confronto del periodo precedente), una categoria di «prelevatori» che non rappresenta nessuna funzione produttiva necessaria e indispensabile, mentre assorbe una quota di reddito imponente? Non si bada che il «salario» è sempre legato necessariamente a un lavoro (bisognerebbe distinguere però il salario o la mercede che assorbe la categoria di lavoratori addetti al servizio delle categorie sociali improduttive e assolutamente parassitarie), (ci sono [inoltre] lavoratori infermi o disoccupati che vivono di pubblica carità o di sussidi) e il reddito assorbito dal salariato è identificabile quasi al centesimo. Mentre è difficile identificare il reddito assorbito dai non-salariati che non hanno una funzione necessaria e indispensabile nel commercio e nell’industria.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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