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      È stato già accennato, in altro paragrafo, all’intima debolezza della formazione parlata della cultura e agli inconvenienti della conversazione o dialogo rispetto allo scritto: tuttavia, quelle osservazioni, giuste in sé, devono essere integrate con queste su esposte, cioè con la coscienza della necessità, per diffondere organicamente una nuova forma culturale, della parola parlata, della discussione minuziosa e «pedantesca». Giusto contemperamento della parola parlata e di quella scritta. Tutto ciò si osservi nei rapporti tra intellettuali professionali e non intellettuali formati, che poi è il caso di ogni grado di scuola, dall’elementare all’universitaria.
      Il non tecnico del lavoro intellettuale, nel suo lavoro «personale» sui libri, intoppa in difficoltà che lo arrestano e spesso gli impediscono di andare oltre, perché egli è incapace di risolverle subito, ciò che invece è possibile nelle discussioni a voce immediatamente. Si osserva, a parte la malafede, come si dilunghino le discussioni per iscritto per questa ragione normale: che una incomprensione domanda dilucidazioni e nel corso della polemica si moltiplicano le difficoltà di capirsi e di doversi spiegare.
     
     
      Angherie. Il termine è ancora impiegato in Sicilia per indicare certe prestazioni obbligatorie alle quali è tenuto il lavoratore agricolo nei suoi rapporti contrattuali col proprietario o gabellotto o subaffittuario da cui ha ottenuto una terra a cosí detta mezzadria (e che non è altro che un contratto di partecipazione o di semplice affitto con pagamento in natura, fissato nella metà, o anche piú, del raccolto, oltre le prestazioni speciali o «angherie»). Il termine è ancora quello dei tempi feudali, da cui è derivato nel linguaggio comune, il significato deteriore di «vessazione», che pero non sembra abbia ancora in Sicilia, dove è ritenuto normale costume.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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