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      Una concezione come quella su esposta pare condurre a una forma di relativismo e, quindi, di scetticismo morale. Si osserva che altrettanto si può dire di tutte le concezioni fin qui elaborate dalla filosofia, la cui imperatività categorica e oggettiva è stata sempre passibile di essere ridotta, dalla «cattiva volontà», a forme di relativismo e di scetticismo. Perché la concezione religiosa potesse almeno apparire assoluta e oggettivamente universale, sarebbe necessario che essa si presentasse monolitica, per lo meno intellettualmente uniforme in tutti i credenti, ciò che è molto lontano dalla realtà (differenza di scuola, sétte, tendenze e differenze di classe: semplici e colti, ecc.): da ciò la funzione del Papa come maestro infallibile.
      Lo stesso si può dire dell’imperativo categorico di Kant: «Opera come vorresti operassero tutti gli uomini nelle stesse circostanze». È evidente che ognuno può pensare, bona fide, che tutti dovrebbero operare come lui, anche quando compie azioni che invece sono repugnanti a coscienze piú sviluppate o di civiltà diversa. Un marito geloso che ammazza la moglie infedele pensa che tutti i mariti dovrebbero ammazzare le mogli infedeli, ecc. Si può osservare che non esiste delinquente il quale non giustifichi intimamente il reato commesso, per scellerato che possa essere; e pertanto non sono senza una certa convinzione di buona fede le proteste di innocenza di tanti condannati; in realtà ognuno di questi conosce esattamente le circostanze oggettive e soggettive in cui ha commesso il reato e da questa conoscenza, che spesso non può trasmettere razionalmente agli altri, trae la convinzione di essere «giustificato»; solo se muta il suo modo di concepire la vita, giunge a un giudizio diverso, cosa che spesso avviene e spiega molti suicidi.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





Papa Kant