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      La cultura francese non è «panpolitica», come noi oggi intendiamo, ma giuridica. La forma francese non è quella attiva e sintetica dell’uomo o lottatore politico, ma quella del giurista sistematico di astrazioni formali; la politica francese è specialmente elaborazione di forme giuridiche. Il Francese non ha una mentalità dialettica e concretamente rivoluzionaria, neanche quando opera come rivoluzionario: la sua intenzione è «conservatrice» sempre, perché la sua intenzione è di dare una forma perfetta e stabile alle innovazioni che attua. Nell’innovare pensa già a conservare, a imbalsamare l’innovazione in un codice.
     
     
      L’ossicino di Cuvier. Il principio di Cuvier, della correlazione tra le singole parti organiche di un corpo, per cui da una particella di esso (purché integra in sé) si può ricostruire l’intero corpo (tuttavia è da rivedere bene la dottrina di Cuvier, per esporre con esattezza il suo pensiero), è certo da inserire nella tradizione del pensiero francese, nella «logica» francese ed è da connettere col principio dell’animale-macchina. Non importa vedere se nella biologia il principio possa dirsi ancora valido in tutto; ciò non pare possibile (per esempio è da ricordare l’ornitorinco, nella cui struttura non c’è «logica» ecc.); è da esaminare se il principio della correlazione sia utile, esatto e fecondo nella sociologia, oltre la metafora. Pare da rispondere nettamente di sí. Ma occorre intendersi: per la storia passata, il principio della correlazione (come quello dell’analogia) non può sostituire il documento, cioè non può dare altro che storia ipotetica, verosimile ma ipotetica.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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