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      La coscienza dell’impotenza materiale di una gran massa contro pochi oppressori porta all’esaltazione dei valori puramente spirituali ecc., alla passività, alla non resistenza, alla cooperazione, che però di fatto è una resistenza diluita e penosa, il materasso contro la pallottola.
      Anche i movimenti religiosi popolari del Medio Evo, francescanesimo, ecc., rientrano in uno stesso rapporto di impotenza politica delle grandi masse di fronte a oppressori poco numerosi, ma agguerriti e centralizzati: gli «umiliati e offesi» si trincerano nel pacifismo evangelico primitivo, nella nuda «esposizione» della loro «natura umana» misconosciuta e calpestata nonostante le affermazioni di fraternità in Dio padre e di uguaglianza ecc. Nella storia delle eresie medioevali Francesco ha una sua posizione individuale ben distinta: egli non vuole lottare, cioè egli non pensa neppure a una qualsiasi lotta, a differenza degli altri innovatori (Valdo, ecc. e gli stessi francescani). La sua posizione è ritratta in un aneddoto raccontato dagli antichi testi francescani. «Ad un teologo domenicano che gli chiede come si debba intendere il verbo di Ezechia “Se non manifesterete all’empio la sua iniquità, io chiederò conto a voi della sua anima”, cosí risponde Francesco: “Il servo di Dio deve comportarsi nella sua vita e nel suo amore alla virtú cosí che con la luce del buon esempio e l’unzione della parola riesca di rimprovero a tutti gli empi; e cosí avverrà, credo, che lo splendore della vita di lui e l’odore della sua buona fama annunzieranno ai tristi la loro iniquità...”»(cfr.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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