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      Insomma, una “realtà” nuova italiana ed europea, che dà significato e valore anche al nazionalismo dei letterati, riemerso dopo il cosmopolitismo dell’età precedente».
      Il Volpe non accenna specificatamente al rapporto nazionale e internazionale rappresentato dalla Chiesa, che anch’essa subisce nel secolo XVIII una radicale trasformazione: lo scioglimento della Compagnia di Gesú in cui culmina il rafforzarsi dello Stato laico contro l’ingerenza ecclesiastica, ecc. Si può dire che oggi, per la storiografia del Risorgimento, dato il nuovo influsso esercitato dopo il Concordato, il Vaticano è diventato una delle maggiori, se non la maggiore, forze di remora scientifica e di «malthusianismo» metodico. Precedentemente, accanto a questa forza, che è stata sempre molto rilevante, esercitavano una funzione restrittiva dell’orizzonte storico la monarchia e la paura del separatismo. Molti lavori storici non furono pubblicati per questa ragione (per es., qualche libro di storia della Sardegna del barone Manno, l’episodio Bollea durante la guerra ecc.). I pubblicisti repubblicani si erano specializzati nella storia «libellistica», sfruttando ogni opera storica che ricostruisse scientificamente gli avvenimenti del Risorgimento: ne conseguí una limitazione delle ricerche, un prolungarsi della storiografia apologetica, la impossibilità di sfruttare gli archivi, ecc.; insomma, tutta la meschinità della storiografia del Risorgimento quando la si paragoni a quella della Rivoluzione francese. Oggi le preoccupazioni monarchiche e separatiste si sono andate assottigliando, ma sono cresciute quelle vaticanesche e clericali.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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