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      L’espansione moderna è di ordine finanziario-capitalistico. Nel presente italiano l’elemento «uomo» o è l’«uomo-capitale» o è l’«uomo-lavoro». L’espansione italiana può essere solo dell’uomo-lavoro e l’intellettuale che rappresenta l’uomo-lavoro non è quello tradizionale, gonfio di retorica e di ricordi cartacei del passato. Il cosmopolitismo tradizionale italiano dovrebbe diventare un cosmopolitismo di tipo moderno, cioè tale da assicurare le condizioni migliori di sviluppo all’uomo-lavoro italiano, in qualsiasi parte del mondo egli si trovi. Non il cittadino del mondo in quanto civis romanus o in quanto cattolico, ma in quanto produttore di civiltà. Perciò si può sostenere che la tradizione italiana si continua dialetticamente nel popolo lavoratore e nei suoi intellettuali, non nel cittadino tradizionale e nell’intellettuale tradizionale. Il popolo italiano è quel popolo che «nazionalmente» è piú interessato a una moderna forma di cosmopolitismo. Non solo l’operaio, ma il contadino e specialmente il contadino meridionale. Collaborare a ricostruire il mondo economicamente in modo unitario è nella tradizione del popolo italiano e della storia italiana, non per dominarlo egemonicamente e appropriarsi il frutto del lavoro altrui, ma per esistere e svilupparsi appunto come popolo italiano: si può dimostrare che Cesare è all’origine di questa tradizione. Il nazionalismo di marca francese è una escrescenza anacronistica nella storia italiana, proprio di gente che ha la testa volta all’indietro come i dannati danteschi.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





Cesare