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      Crispi ha dato una forte impronta a un vasto gruppo di intellettuali siciliani (specialmente, poiché ha influenzato tutti gli intellettuali italiani, creando le prime cellule di un socialismo nazionale che doveva svilupparsi piú tardi impetuosamente); ha creato quel fanatismo unitario che ha determinato una permanente atmosfera di sospetto contro tutto ciò che può arieggiare a separatismo. Ciò però non ha impedito (e si comprende) che, nel 1920, i latifondisti siciliani si riunissero a Palermo e pronunziassero un vero ultimatum contro il governo «di Roma», minacciando la separazione, come non ha impedito che parecchi di questi latifondisti abbiano continuato a mantenere la cittadinanza spagnola e abbiano fatto intervenire diplomaticamente il governo di Madrid (caso del duca di Bivona nel 1919) per la tutela dei loro interessi minacciati dall’agitazione dei contadini ex-combattenti. L’atteggiamento dei vari gruppi sociali del Mezzogiorno dal ’19 al ’26 serve a mettere in luce e in rilievo alcune debolezze dell’indirizzo ossessionatamente unitario di Crispi e a mettere in rilievo alcune correzioni apportatevi da Giolitti (poche in realtà, perché Giolitti si mantenne essenzialmente nel solco di Crispi; al giacobinismo di temperamento del Crispi, Giolitti sostituí la solerzia e la continuità burocratica; mantenne il «miraggio della terra» nella politica coloniale, ma in piú sorresse questa politica con una concezione «difensiva» militare e con la premessa che occorre creare le condizioni di libertà d’espansione per il futuro).


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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