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      Il popolo, a suo modo, guardava all’avvenire (anche nella quistione dell’intervento in guerra) e in ciò è il carattere implicito di costituente che il popolo diede alle elezioni del 1919; i partiti guardavano al passato (solo al passato) concretamente e all’avvenire «astrattamente», «genericamente», come «abbiate fiducia nel vostro partito» e non come concezione storico-politica costruttiva. Tra le altre differenze tra il 1913 e il 1919 occorre ricordare la partecipazione attiva dei cattolici, con uomini propri, con un proprio partito, con un proprio programma. Anche nel 1913 i cattolici avevano partecipato alle elezioni, ma attraverso il patto Gentiloni, in modo sornione e che falsificava il significato dello schieramento e dell’influsso delle forze politiche tradizionali. Per il 1919 è da ricordare il discorso tenuto da Giolitti di intonazione costituentistica (retrospettiva) e l’atteggiamento dei giolittiani verso i cattolici quale risulta dagli articoli di Luigi Ambrosini nella «Stampa». In realtà i giolittiani furono i vincitori delle elezioni, nel senso che essi impressero il carattere di costituente senza costituente alle elezioni stesse e riuscirono ad attrarre l’attenzione dall’avvenire al passato.
     
      Serie di interpretazioni. A proposito del libro del Rosselli su Pisacane. Le interpretazioni del passato, quando del passato stesso si ricercano le deficienze e gli errori (di certi partiti o correnti) non sono «storia» ma politica attuale in nuce. Ecco perché anche i «se» spesso non tediano.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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