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      ), ma senza piano e sistema, senza continuità, sulla base, per dirla rapidamente, dello «spirito di combinazione» che era necessario per «armonizzare» le tante contraddizioni della vita nazionale che non si cercò mai di risolvere organicamente e secondo un indirizzo conseguente. Questa burocrazia non poteva non essere specialmente «monarchica»; per cui si può dire che la monarchia italiana è stata essenzialmente una «monarchia burocratica» e il re il primo dei funzionari, nel senso che la burocrazia era la sola forza «unitaria» del paese, permanentemente «unitaria».
      Altro problema tipico italiano: il papato, che anch’esso dette origini a interpretazioni dinamiche del Risorgimento che non sono state senza effetto nella coltura nazionale e lo sono anche ora: basta ricordare il giobertismo e la teoria del Primato, che entra anche oggi nel guazzetto ideologico di moda. Occorre ricordare l’atteggiamento dei cattolici in politica, il non expedit e il fatto che nel dopoguerra il Partito Popolare era un partito che ubbidiva a interessi anazionali, una forma paradossale di ultramontanismo poiché il Papato era in Italia e non poteva apparire politicamente come appariva in Francia e in Germania, cioè nettamente fuori dello Stato.
      Tutti questi elementi contradditori si sintetizzano nella posizione internazionale del paese, estremamente debole e precaria, senza possibilità di una linea a lunga prospettiva, situazione che ebbe la sua espressione nella guerra del ’14 e nel fatto che l’Italia combatté nel campo opposto a quello delle sue alleanze tradizionali.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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