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      «L’aspirazione a costituire uno Stato a sé fu il sentimento dominante fra gli isolani almeno fino al 1848», scrive il Brandileone. L’Amari, come scrisse egli stesso (cfr. Alessandro D’Ancona, Carteggio di M. Amari raccolto e pubblicato coll’elogio di lui letto nell’Accademia della Crusca, Torino, 1896-97, in 3 volumi; cfr. vol. II, p. 371) si sentiva italiano (di cultura) ma la vita nazionale italiana gli pareva un bel sogno e nulla piú. Volle raccontare gli avvenimenti del 1812-20 per preparare gli animi a una nuova rivoluzione, ma la ricerca dei nessi storici lo spinse a risalire nel passato della storia costituzionale siciliana e cosí si fissò sulla costituzione avuta dopo i Vespri, che gli parve «la forma piú netta», la piú tipica. Ma la ricerca del passato lo portò ancor piú in là, fino alla fase musulmana della storia di Sicilia.
      L’Orlando, nella sua scelta, ha disposto i brani in ordine cronologico, in modo da dare un racconto abbreviato ma ininterrotto degli avvenimenti siciliani dei cinque secoli, dall’827, inizio della conquista araba, al 1302, pace di Caltabellotta. Nella prefazione (a p. 23) l’Orlando afferma che quei cinque secoli «sembrano costituire un monolitico periodo, durante il quale la storia ha bagliori di epopea» e che essi non sono da riguardare come storia particolare, o locale che dir si voglia, ma come storia universale, perché «se universale è la storia che all’umanità si riferisce come un tutto ideale, sebbene abbia il suo centro vitale solo in un determinato punto dello spazio, come Atene, Roma, Gerusalemme, ecc., non si può negare che in quei cinque secoli la Sicilia fu un nodo centrale, in cui si incontrarono, si urtarono, si elisero e si ricomposero le forze dominatrici del tempo». Per il Brandileone, l’Orlando si lascia «guidare un po’ troppo dalla carità del natio loco» (è il modo solito di attutire e interpretare canonicamente i sentimenti politici centrifughi). L’Orlando divide questi cinque secoli in due periodi, dei quali il primo (dominio musulmano e normanno-svevo) sarebbe «statico», poiché in esso solo «venne elaborandosi tutta una civiltà specifica che costituí un’èra e culminò nella creazione dello Stato e nella massima potenza di esso» e nel secondo, «piú dinamico», «di quello Stato avvenne la consacrazione storica e cioè la passione per la difesa dell’indipendenza nel suo piú formidabile cimento».


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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