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      Il Brandileone polemizza sottilmente coll’Orlando e le cose che dice sono molto interessanti per la storia siciliana e meridionale, ma in questa rubrica interessa il punto di vista dell’Orlando in sé e per sé come riflesso del sicilianismo nella forma intellettuale. Realmente l’Orlando è d’accordo coll’Amari, ne sente lo stesso impulso intellettuale e morale di valorizzare la storia siciliana, di affermare che la Sicilia è stata un momento della storia universale, che il popolo siciliano ha avuto una fase creatrice di Stato, che non può non essere l’espressione di una «nazionalità siciliana» (anche se fino a questa affermazione l’Orlando non voglia arrivare come non arrivava l’Amari, dicendo di essersi sentito italiano anche prima del ’48).
      Il Brandileone oppone all’Orlando il punto di vista espresso dal Croce nella Storia del Regno di Napoli, cioè che «quella storia nella sua sostanza non è nostra o nostra è soltanto per piccola parte e secondaria», «storia rappresentata nella nostra terra e non generata dalle sue viscere»; è vero che il Croce si riferisce al periodo normanno-svevo per il Mezzogiorno, ma secondo il Brandileone deve riferirsi anche alla Sicilia. Il punto di vista del Croce genericamente è esatto, ma nel tempo in cui quella storia si svolgeva era essa sentita dal popolo come propria e in che misura? E quale era la parte creativa della popolazione? In ogni modo questi avvenimenti impressero una certa direttiva alla storia del paese, crearono certe condizioni che continuarono e continuano ancora ad operare in certi limiti.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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