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      2) A Roma gli schiavi non potevano essere riconosciuti esteriormente come tali. Quando un senatore propose una volta che agli schiavi fosse dato un abito che li distinguesse, il Senato fu contrario al provvedimento, per timore che gli schiavi divenissero pericolosi qualora potessero rendersi conto del loro grande numero (cfr. Seneca, De clem., 1, 24 e Tacito, Annal., IV, 27). In questo episodio sono contenute le ragioni politico-psicologiche che determinano una serie di manifestazioni pubbliche: le processioni religiose, i cortei, le assemblee popolari, le parate di vario genere e anche in parte le elezioni (la partecipazione alle elezioni di alcuni gruppi) e i plebisciti.
     
      [I clubs rossi a Parigi.] A. G. Bianchi, I clubs rossi durante l’assedio di Parigi, «Nuova Antologia», 1° luglio 1929. Riassume un opuscolo, pubblicato nel 1871, di M. G. Molinari, Les clubs rouges pendant le siège de Paris. È una raccolta di cronache pubblicate prima nel «Journal des Débats» sulle riunioni dei clubs durante l’assedio (forse si tratta dello stesso De Molinari, il noto scrittore liberista e direttore dei «Débats»; ma il Bianchi scrive che è «un modesto, ma diligente giornalista»). L’opuscolo è interessante perché registra tutte le proposte strampalate che venivano fatte dai frequentatori di questi circoli popolari. Perciò sarebbe interessante leggerlo e trarne materiale per sostenere la necessità dell’ordine intellettuale e della «sobrietà» morale nel popolo. Può servire anche per studiare come fino al ’70 Parigi sia rimasta sotto l’incanto delle forme politiche create dalla Rivoluzione del 1789, di cui i clubs furono la manifestazione piú appariscente, ecc.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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