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      Dopo la rivoluzione del 1905, in cui sperimentalmente si dimostrò la enorme forza del proletariato, la borghesia ebbe paura di ogni movimento politico al quale il proletariato avrebbe partecipato, e per necessità storica di conservazione divenne sostanzialmente controrivoluzionaria. L'espressione fedele di questo stato d'animo fu dato dallo stesso Miliucoff in uno dei suoi discorsi alla Duma: il Miliucoff affermò che preferiva la sconfitta militare alla rivoluzione.
      La caduta dell'autocrazia non mutò per nulla i sentimenti e le direttive della borghesia russa, anzi la sua sostanza reazionaria andò aumentando a mano a mano che la forza e la coscienza del proletariato si concretava. La tesi storica di Lenin si avverò: il proletariato divenne il gigantesco protagonista della storia, ma era un gigante ingenuo, entusiasta, pieno di fede in sé e negli altri. La lotta di classe, esercitata in un ambiente di dispotismo feudale, gli aveva dato la coscienza della sua unità sociale, della sua potenza storica, ma non l'aveva educato al metodo freddo e realistico, non gli aveva formato una volontà concreta. La borghesia si rimpicciolí furbescamente, nascose i suoi caratteri essenziali con frasi altisonanti: per la sua opera illusionistica si serví del Kerenski, l'uomo piú popolare fra le masse al principio della rivoluzione; i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari (non marxisti, eredi del partito terroristico, intellettuali piccolo-borghesi) la aiutarono inconsciamente, con il loro collaborazionismo, a nascondere le sue intenzioni reazionarie e imperialiste.


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Scritti politici
Prima parte
di Antonio Gramsci
pagine 279

   





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