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      Gli operai si irritano per queste condizioni di fatto, ma sono individualmente impotenti a modificarle; le parole e le volontà dei singoli uomini sono troppo piccola cosa in confronto delle leggi ferree inerenti alla struttura funzionale dell’apparato sindacale.
      I leaders dell’organizzazione non si accorgono di questa crisi profonda e diffusa. Quanto piú chiaramente appare che la classe operaia non è composta in forme aderenti alla sua reale struttura storica, quanto piú risulta che la classe operaia non è inquadrata in una configurazione che incessantemente si adatti alle leggi che governano l’intimo processo di sviluppo storico reale della classe stessa; tanto piú questi leaders si ostinano nella cecità e si sforzano di comporre «giuridicamente» i dissidi e i conflitti. Spiriti eminentemente burocratici, essi credono che una condizione obbiettiva, radicata nella psicologia quale si sviluppa nelle esperienze vive dell’officina, possa essere superata con un discorso che muova gli affetti, e con un ordine del giorno votato all’unanimità in un’assemblea abbrutita dal frastuono e dalle lungaggini oratorie. Oggi essi si sforzano di porsi all’«altezza dei tempi» e, tanto per dimostrare che sono anche capaci di «meditare aspramente», rivogano le vecchie e logore ideologie sindacaliste, insistendo penosamente nello stabilire rapporti di identità tra il Soviet e il sindacato, insistendo penosamente nell’affermare che il sistema attuale di organizzazione sindacale costituisce già l’impalcatura della società comunista, costituisce il sistema di forze in cui deve incarnarsi la dittatura proletaria.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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