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      Prese nella tenaglia dei conflitti capitalisti, minacciate di una condanna senza appello alla perdita dei diritti civili e spirituali, le masse si distaccano dalle forme della democrazia borghese, escono dalla legalità della costituzione borghese. La società andrebbe in dissoluzione, ogni produzione di ricchezza utile cadrebbe, e gli uomini precipiterebbero in un cupo abisso di miseria, di barbarie, di morte, senza una reazione della coscienza storica delle masse popolari che ritrovano un nuovo inquadramento, che attuano un nuovo ordine nel processo di produzione e di distribuzione della ricchezza. Gli organismi di lotta del proletariato sono gli «agenti» di questo colossale movimento di masse; il Partito socialista è indubbiamente il massimo «agente» di questo processo di sfacelo e di neoformazione, ma non è e non può essere concepito come la forma di questo processo, forma malleabile e plasmabile ad arbitrio dei dirigenti. La socialdemocrazia germanica (intesa nel suo complesso di movimento sindacale e politico) ha attuato il paradosso di costringere violentemente il processo della rivoluzione proletaria tedesca nelle forme della sua organizzazione e ha creduto di dominare la storia. Ha creato i suoi Consigli, d’autorità, con la maggioranza sicura dei suoi uomini; ha impastoiato la rivoluzione, l’ha addomesticata. Oggi ha perduto ogni contatto con la realtà storica, che non sia il contatto del pugno di Noske con la nuca dell’operaio, e il processo rivoluzionario segue un suo corso incontrollato, misterioso ancora, che affiorerà per ignote scaturigini di violenza e di dolore.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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