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      Torino aveva dato al nuovo Stato la sua classe di intellettuali piccolo-borghesi; lo sviluppo dell’economia capitalistica, rovinando la piccola industria e l’artigianato della nazione italiana, fece affluire a Torino una massa proletaria compatta, che dette alla città la sua figura attuale, forse una delle piú originali di tutta Europa. La città assunse e mantiene una configurazione accentrata e organizzata naturalmente intorno a una industria che «governa» tutto il movimento urbano e ne regola gli sbocchi: Torino è la città dell’automobile, allo stesso modo che il Vercellese è l’organismo economico caratterizzato dal riso, il Caucaso dal petrolio, la Galles del Sud dal carbone ecc. Come in una fabbrica gli operai assumono una figura, ordinandosi per la produzione di un determinato oggetto che unisce e organizza lavoratori del metallo e del legno, muratori, elettricisti ecc., cosí nella città la classe proletaria assume una figura dall’industria prevalente, che ordina e governa per la sua esistenza tutto il complesso urbano. Cosí, su scala nazionale, un popolo assume figura dalla sua esportazione, dal contributo reale che dà alla vita economica del mondo.
      Il compagno Tasca, lettore molto disattento dell’Ordine Nuovo, non ha afferrato nulla di questo svolgimento teorico, che del resto non era che una traduzione per la realtà storica italiana, delle concezioni svolte dal compagno Lenin in alcuni scritti pubblicati dallo stesso Ordine Nuovo, e delle concezioni del teorico americano dell’associazione sindacalista rivoluzionaria degli IWW, il marxista Daniel De Leon.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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