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      Sotto gli auspici del nome di Carlo Liebknecht ben si apre perciò il Congresso di Livorno. Chi evocherà, con il nome, i fatti e gli insegnamenti, non potrà trarre da essi che un monito, conforme con la nostra attesa, con la nostra fiducia, con i nostri propositi.
      Con la morte di Carlo Liebknecht, nel gennaio 1919, finiva nel sacrificio cruento la prima grande affermazione dei comunisti dell’Europa centrale e occidentale. L’insurrezione armata del proletariato tedesco che egli diresse con l’autorità della sua persona, enorme di fronte alle mezze figure dei traditori e degli esitanti, e con una precisione di pensiero e di propositi pari all’ardire e alla tenacia infrangibile della volontà, quella insurrezione fu in realtà il primo, il solo tentativo grande, serio e fornito di probabilità di successo, di inserire e comprendere lo sviluppo della crisi europea postbellica nello stesso quadro della rivoluzione proletaria russa. L’insurrezione dei comunisti tedeschi parve per un istante realizzare la saldatura tra la rivoluzione russa vittoriosa e gli sforzi delle minoranze rivoluzionarie dei paesi dell’Europa centrale e occidentale. Se la saldatura si fosse compiuta, invece di esaurirsi in una serie di tentativi sporadici e nel grande, epico, ma doloroso sforzo di un popolo isolato, la rivoluzione europea avrebbe avuto il suo sbocco naturale in una rivolta di tutto il proletariato contro tutti i governi dell’Intesa. Perciò nei giorni tragici del gennaio 1919 il cuore del mondo intiero pulsò intorno a Berlino, e il destino del mondo intiero parve sospeso all’esito degli scontri rabbiosi nei quali il fiore dei proletari di Germania versava il suo sangue.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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