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      Tra le pieghe della bandiera bianca(65)
     
     
      Dunque tra socialisti e fascisti c’è stato un tentativo per la pacificazione nazionale. Il fatto, che ha la sua grande portata storica e politica, è stato determinato da una pura e semplice preoccupazione di carattere parlamentare sia del gruppo fascista che di quello socialista.
      L’azione della piazza anche questa volta contrasta con quella del Parlamento, e se noi ci indugiamo a dimostrare la fatuità dell’iniziativa non lo facciamo perché godiamo della guerriglia quotidiana che si è scatenata in Italia, ma perché ci piace strappare i veli a tutte le ipocrisie nascoste nelle manovre politiche dei due gruppi in conflitto.
      Giovanni Giolitti quando riassunse il potere si dette arie di demagogo. Il paese era in fermento, la classe lavoratrice premeva dappresso la borghesia, e questa, inorridita del delitto che aveva scatenato con la guerra, cedeva su tutta la linea agli assalti proletari.
      Mentre sull’orizzonte politico si andava addensando minacciosa la tempesta, i capi del movimento operaio rimanevano perplessi di fronte alla necessità di un evento rivoluzionario. Del resto ciò era la conseguenza di un’attività politica sempre svolta con obbiettivi legalitari rifuggenti non solo da ogni azione di piazza, ma dalla benché minima preparazione difensiva contro una violenza armata della reazione borghese.
      Il vecchio labbrone si rese conto e dello stato d’animo della classe lavoratrice e della perplessità dei dirigenti e tentò, con audacia, di porre masse e dirigenti di fronte ad un atto rivoluzionario.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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