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      Seguendo il ragionamento dei riformisti, la classe operaia dovrebbe farsi affamare senza neanche muovere un dito. L’abito mentale opportunista e l’amore alla quiete dei signori riformisti che dirigono la Confederazione conducono per forza a fare simili ragionamenti tutte le volte che nella lotta occorre impegnare qualche cosa. Gli operai e contadini sanno però per esperienza che essi tutto quello che hanno acquistato lo hanno pagato a prezzo di sangue. Gli operai e contadini sui quali le conseguenze della crisi si vorrebbero fare tutte pesare non possono ragionare come i mandarini della Confederazione. Essi hanno perciò il dovere di porsi risolutamente sul terreno dell’azione e di domandare che le proposte dei comunisti non siano messe da parte con una semplice dichiarazione di diplomazia sindacale. Sta agli operai ottenere che gli organi nazionali siano convocati al piú presto per discutere le proposte comuniste e vigilare perché le decisioni non contraddicano alle loro speranze. E questo si può fare solo con una valida e diretta organizzazione. Nelle officine dove ancora si lavora, si organizzino gruppi di operai permanenti, i quali spieghino in tutti i suoi dettagli la portata dell’agitazione che i comunisti propongono in difesa delle loro condizioni di esistenza. I gruppi di officina si organizzino inoltre per industria e si mettano presto a contatto con gli altri gruppi simili. Tutti insieme creino un collegamento generale col Comitato sindacale comunista locale. Dove esiste la disoccupazione, si creino dei Consigli di disoccupati per rioni, quartieri, case, ecc.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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