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      Per sbarazzarsi dei comunisti il comm. Agnelli non ha piú tenuto conto né dell’organizzazione tecnica degli stabilimenti né delle esigenze molteplici dell’industria. Molti fra i migliori operai furono licenziati per scuotere le basi dell’organizzazione operaia d’officina.
      In molti reparti vennero a mancare gli elementi tecnicamente piú capaci, i piú esperti produttori. I non licenziati, profondamente colpiti nelle loro idealità dalla reazione furente, sotto la minaccia del licenziamento, costretti a lavorare in un’atmosfera di reciproca diffidenza, furono messi in condizioni pessime per la continuità e per la bontà della produzione.
      Quando Agnelli e Fornaca rassegnarono le dimissioni dal consiglio d’amministrazione della Fiat, essi giustificarono questo loro atto con l’indisciplina delle masse operaie. Essi sostennero che l’officina doveva essere estranea alla politica, che gli operai in officina non dovevano occuparsi che del loro lavoro e non pensare ad altro. Riversarono sugli operai la colpa dello stato in cui l’industria veniva a trovarsi e non pensarono allora che una politica liberale verso le maestranze non avrebbe potuto danneggiare la produzione e che la responsabilità della crisi non poteva certo essere addossata agli operai, i quali si dibattevano affannosamente per trovare una via d’uscita alla preoccupante situazione che creava ad ogni aumento di salari un aumento del costo della vita. I capitalisti, impegnati nei giochi di borsa, non potevano rinunciare neppure ad una parte dei loro profitti per trarre da questa condizione gli operai.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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