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      I militanti non partecipano affatto o partecipano solo in misura limitatissima alle discussioni e al contrasto delle idee; la vita isolata o la riunione saltuaria di piccoli gruppi riservati, l'abitudine che può venire formandosi a una vita politica che in altri tempi pareva d'eccezione, suscitano sentimenti, stati d'animo, punti di vista che sono spesso errati e talvolta persino morbosi.
      I nuovi membri che il Partito acquista in una tale situazione, evidentemente uomini sinceri e di vigorosa fede rivoluzionaria, non possono venire educati ai nostri metodi dall'attività ampia, dalle larghe discussioni, dal controllo reciproco che sono propri dei periodi di democrazia e di legalità. Si prospetta cosí un pericolo molto grave: la massa del Partito, abituandosi, nell'illegalità, a non pensare ad altro che agli espedienti necessari per sfuggire alle sorprese del nemico, abituandosi a vedere possibili e organizzabili immediatamente solo azioni di piccoli gruppi, vedendo come i dominatori apparentemente abbiano vinto e conservino il potere con l'opera di minoranze armate e inquadrate militarmente, si allontana insensibilmente dalla concezione marxista dell'attività rivoluzionaria del proletariato, e mentre pare si radicalizzi, per il fatto che si sentono spesso enunziare propositi estremisti e frasi sanguinolente, in realtà diventa incapace a vincere il nemico. La storia della classe operaia, specialmente nell'epoca che attraversiamo, mostra come questo pericolo non sia immaginario.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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