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      I socialdemocratici di ogni tinta non possono ormai piú salvarsi di fronte alle masse col sostenere che le nostre proposte sono state da essi respinte perché irrealizzabili: le proposte di lista unica al tempo delle elezioni politiche, dello sciopero generale e dell'azione antifascista di classe al tempo del delitto Matteotti, le proposte dell'Antiparlamento e dell'assemblea repubblicana, non sono state realizzate solo per deliberata mala volontà di coloro ai quali erano dirette. L'esperienza successiva ha dimostrato alle masse che esse erano tempestive, giuste e realizzabili, e che solo il PC ha visto giusto nella situazione e si è comportato da vero partito della classe operaia.
      I massimalisti hanno sabotato e liquidato l'intesa delle «sinistre sindacali» per passare all'intesa di destra con i riformisti e per paura del fascismo. Ora l'esperienza dimostra a tutti gli operai i quali hanno onesto sentimento classista che se l'intesa delle «sinistre sindacali» fosse continuata, essa si sarebbe certamente sviluppata in estensione e in prestigio col risultato che oggi la Confederazione non sarebbe piú in mano ai riformisti o per lo meno la situazione confederale sarebbe ben diversa dalla presente, in quanto la classe operaia avrebbe combattuto importanti battaglie e la reazione ben difficilmente avrebbe potuto avere via libera.
      Ma, senza alcun dubbio, la realtà liquida l'opportunismo di ogni colore. I massimalisti sono, soprattutto, in una condizione ben dura di fronte alle masse: o liquidare la propria inerzia classista e la propria attività socialdemocratica antisoviettista e filocapitalista e passare dalle parole antiriformiste ai fatti, ossia alla lotta effettiva, coerente e organizzata in alleanza con la corrente sindacale comunista contro la disastrosa e fallimentare dirigenza riformista nei sindacati, oppure liquidare completamente le ultime vestigia di rivoluzionarismo e di classismo, passare completamente dall'altra parte del fosso e raggiungere organicamente la socialdemocrazia.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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