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      Per esprimersi con un termine politico approssimativo, può dirsi che nel movimento socialista rivoluzionario italiano sia sempre esistita una situazione di bonapartismo in cui era possibile, a degli uomini piú o meno convinti, di conquistare il posto della piú alta dirigenza, con dei colpi di mano improvvisi, attraverso effimeri personali successi ottenuti in un congresso o nel corso di un'agitazione operaia. Non esisteva altra forma di selezione, appunto perché non esistevano aggruppamenti stabili strettamente collegati col proletariato urbano, cioè con la frazione piú rivoluzionaria della massa lavoratrice.
      Giacinto Menotti Serrati spezzò questa tradizione, nel senso che con lui arrivava alla suprema carica del Partito un uomo le cui doti principali furono indubbiamente la forza del carattere e l'abnegazione; non poté spezzarla compiutamente perché non riuscí e neanche si propose di riuscire, a foggiare una nuova struttura che lo rendesse piú capace di azione e di iniziativa. Il fine che si proponeva Serrati nello svolgere la sua opera di direttore dell'Avanti! cioè di guida politica e ideologica delle classi lavoratrici italiane, fu quello di attraversare il periodo della guerra mantenendo il Partito unito sul terreno della negazione della guerra.
      Questi due elementi, unità del Partito e negazione della guerra, per stare insieme domandavano una limitazione dell'attività rivoluzionaria del Partito stesso. Il programma del Partito non poteva essere che quello della intransigenza formale, della non collaborazione; esso non poteva spingersi alla formula di Lenin: «trasformazione della guerra imperialista in guerra civile», senza immediatamente porre il problema della scissione, il problema della creazione di un nuovo partito per lottare prima di tutto contro i compagni di ieri, contro gli amici e i fratelli di ieri.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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