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      Oggi questi hanno elevato il proprio tenore di vita, tanto che le industrie nazionali, le quali hanno raggiunto la produzione di ante-guerra, non sono piú capaci di soddisfare le loro richieste. Ma l'argomento fondamentale dei nostri contradditori è la Nep e il suo sviluppo. Essi non tengono però conto del fatto che se nella ripresa economica russa si è sviluppato il capitale privato, importanza anche maggiore ha assunto il capitale collettivo. Tutta la grande industria collettivizzata, tutte le officine, cioè le siderurgiche, le metallurgiche, le tessili, ecc., sono proprietà dello Stato e gestite da questo; esse occupano il 95 per cento degli operai, ma ciò non ha importanza per gli avversari. Essi constatano che vi sono nei villaggi russi migliaia di botteghe, di fabbriche e di maniscalchi, che sorgono anche le officine (queste non possono avere piú di 15 operai se sono fornite di motore meccanico, e 50 se sprovviste), e affermano finalmente che il capitalismo trionfa nell'industria russa. Essi fingono di ignorare che il commercio estero è monopolizzato dallo Stato attraverso le banche che sono tutti organi collettivi. Essi vogliono ignorare che tutto lo sforzo dello Stato è rivolto verso lo sviluppo degli elementi socialisti della produzione, e che gli elementi capitalisti di cui si è riconosciuta l'utilità e l'impossibilità di sopprimerli radicalmente, e di un solo colpo, sono rigorosamente controllati.
      Rimane l'agricoltura. Abbiamo già detto che solo la rivoluzione bolscevica ha avuto la forza di dare la terra ai contadini.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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