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      Il Salvemini era allora l'esponente piú avanzato in senso radicale della massa contadina del Mezzogiorno. Egli era fuori del Partito socialista, anzi conduceva contro il Partito socialista una campagna vivacissima e pericolosissima, perché le sue affermazioni e le sue accuse, nella massa lavoratrice meridionale, diventavano causa di odio non solo contro i Turati, i Treves, i D'Aragona ma contro il proletariato industriale nel suo complesso. (Molte delle pallottole che le guardie regie scaricarono nel '19, '20, '21, '22 contro gli operai erano fuse nello stesso piombo che serví a stampare gli articoli del Salvemini). Tuttavia questo gruppo torinese voleva fare un'affermazione sul nome del Salvemini, nel senso che al Salvemini stesso fu esposto dal compagno Ottavio Pastore recatosi a Firenze per avere il consenso alla candidatura. «Gli operai di Torino vogliono eleggere un deputato per i contadini pugliesi. Gli operai di Torino sanno che, nelle elezioni generali del 1913, i contadini di Molfetta e di Bitonto erano, nella loro stragrande maggioranza, favorevoli al Salvemini; la pressione amministrativa del governo Giolitti e la violenza dei mazzieri e della polizia ha impedito ai contadini pugliesi di esprimersi. Gli operai di Torino non domandano impegni di sorta al Salvemini, né di partito, né di programma, né di disciplina al gruppo parlamentare; una volta eletto, il Salvemini si richiamerà ai contadini pugliesi, non agli operai di Torino, i quali faranno la propaganda elettorale secondo i loro princípi e non saranno per nulla impegnati dall'attività politica del Salvemini.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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